2017

Sta finendo il 2017 e non posso lasciarlo finire senza scrivere almeno un post per cui racconterò una storiella divertente (e vera).
Siamo più o meno sul finire degli anni ’80 e sto andando all’Università per iscrivermi all’esame di Analisi Matematica 2. Arrivato in via Moretto da Brescia (allora la sede della facoltà di Scienze dell’Informazione era là) incontro un mio caro amico (di cui tacerò il nome ma lui sa 🙂 ) che mi chiede se voglio fare l’esame di TIT con lui, un paio di giorni dopo.
L’esame di TIT era un discreto scoglio per cui gli rispondo che, non avendo studiato nulla, non potevo certo provarci. Lui però insiste per cui mi iscrivo anche io. Subito dopo mi faccio dare il famoso libro “arancione” che non era altro che una raccolta di fotocopie degli appunti di qualche tizio particolarmente volonteroso e generoso.
Lo porto a casa, lo scorro velocemente nei due giorni a seguire, non capisco quasi nulla e vado a fare lo scritto.
Ci consegnano il testo: tre esercizi da dieci punti l’uno.
Leggo il primo: incomprensibile.
Leggo il secondo: incomprensibile.
Leggo il terzo: mi pare di capirci qualcosa e provo a scrivere la soluzione.
Dopo mezz’ora faccio al mio amico “Ehi, ho finito il terzo” e lui “Bene, io ho finito i primi due, eccoti la brutta”. Io gli passo la mia ma lui, facendo di no con la mano, mi dice “Grazie ma non preoccuparti, manca ancora tanto e lo so fare”.
Lo capisco (secondo me non si fidava molto e onestamente avrei fatto lo stesso anche io) e mi metto di buona lena a ricopiare le prime due soluzioni.
Gran parte dei simboli mi è sconosciuta per cui ricopio letteralmente tratto per tratto.
Consegniamo.
Passa qualche giorno e andiamo a vedere il risultato: io 30 e lui 20. In pratica i suoi due esercizi erano giusti come lo era il mio terzo. Era sbagliato solo il suo ultimo esercizio… 😀
Trattengo a stento una risata e gli dico “Dai, c’è l’orale, vedrai che lì farai vedere quello che vali”.
Andiamo all’orale. Siamo tra gli ultimi e capitiamo entrambi con il mitico Angeleri, il professore del corso, uno dei più tosti.
Tocca a me.
Il professore prende il mio scritto e lo rigira tra le mani. Quindi dice “Uhm, sì, buono scritto, mi parli dell’entropia dell’informazione”. Io, incredulo per la facilità della domanda, inizio a parlare delle entropia dell’informazione e come sia uguale e contraria all’entropia della termodinamica (ora non so più se è davvero così, ma questo mi ricordo e poco importa ora) quando dopo pochi secondi mi interrompe e mi fa “Sì, sì, va bene. Trenta”.
Gli passo il libretto e, dopo che l’ha compilato, gli faccio con una faccia tosta allucinante “Per la lode niente da fare, vero?” e lui “No, lo scritto era troppo facile”. “Sì, certo, capisco. Grazie e arrivederci”.
Tocca al mio amico.
Angeleri prende il suo scritto, lo guarda quasi schifato e dice lapidario “Teorema di Shannon”. Il mio amico glielo enuncia come un libro stampato. Il professore lo fa finire. Lo guarda negli occhi e gli chiede “Lei ha seguito il mio corso?”.
Il mio amico: “Beh, sì. Certo”.
Angeleri: “Io non credo, se così fosse lei saprebbe che io lo voglio nell’altra forma. Sarà meglio che torni la prossima volta, più preparato”.
Usciamo.
Io lo guardo e gli dico “Beh, dai, grazie di avermi convinto a fare l’esame”.

Per fortuna il mio amico era (ed è!) un caro ragazzo per cui si limitò bonariamente a mandarmi a fare in culo.
Un’altra volta vi racconterò di quante volte l’ha provato e del suo 23 di voto finale.
😀